martedì, marzo 22, 2005

lettera aperta ad Antonio BASSOLINO

Caro Antonio

Ti scrivo sull’onda dell’emozione. Tre mie cari sono appena scomparsi sommersi da un’onda di fango. Tu ci sei stato oggi sui luoghi della frana, ed hai potuto vedere con i tuoi occhi quale desolazione ha lasciato. Ieri al primo boato ho raccolto la mia bambina e sono fuggita via. Ho sempre sentito la montagna - quella montagna - come una minaccia incombente nonostante i suoi bei terrazzamenti coltivati ad aranceto, e l’intenso profumo di fiori di limone che in primavera scendeva verso le case. Ho sempre guardato con sospetto i canali dell’acqua ostruiti dall’immondizia e quella immensa, immonda cava proprio al centro della catena montuosa che non smetteva mai di macinare ghiaia e di aprire nuovi varchi di scavo.
Tu l’hai vista vero la strada che serpeggia sul monte costruita per il comodo delle macchine di scavo, e che taglia il manto boschivo proprio come una cicatrice, mettendo a nudo il bianco della roccia tanto ambita?
Tu li hai visti vero i parenti e gli amici scavare con tutto quanto fosse possibile, senza fermarsi mai, con il viso rigato di lacrime e di pioggia, per ore, ore.Quella è gente che ama, ha amato tanto la propria terra, il monte come lo chiamano qui, si sono adattati a vivere nel suo lato oscuro, hanno scelto di vedere il sole solo per metà dell’anno, per dedizione, per storia, perché non c’era null’altro da scegliere. Mattia e Rosa hanno curato quella terra per tutta la loro vita, palmo a palmo, tirando su una famiglia numerosa di figli e nipotini, palmo a palmo, l’hanno coltivata ed abbellita, palmo a palmo. Di quella terra ne conoscevano la consistenza e l’insidia. Un’insidia però che è cresciuta con quella strada e quella cava, con quell’atteggiamento irresponsabile dei permessini a fare, o meglio a disfare i nostri beni ambientali.Antonio, fino a quando? fin dove?Con la mia bambina sono scappata a Cava de Tirreni e per strada c’era un diluvio di acqua. Per un attimo avevo pensato di potermi sentire più sicura a casa dei miei genitori. Sai, si scappa sempre da loro quando si ha paura. Chissà ora dove scapperanno i tanti figli e nipotini di Mattia e Rosa, dove troveranno sicuro riparo i cagnolini che tanti padroni bastardi abbandonano sul monte, come quello che aveva trovato riparo nel camino della loro casa ed è scampato alla tragedia.
Caro Antonio, la gente è stanca e disillusa. Il loro cuore, il loro animo, si sta geneticamente modificando: la speranza non fa più parte dei sentimenti umani. Tutto scende giù fluido come il fango portandosi via ogni volontà di partecipazione, ogni volontà di credere ad un mondo migliore e ad un futuro possibile. La gente si sta davvero convincendo che il potere può tutto, nel bene come nel male. E’ dunque al tuo potere che voglio ora parlare: non lasciare che questa strage resti impunita. Non lasciare che questo dolore scivoli giù nelle gole arse di fango e polvere di tutti i parenti delle vittime.Caro Antonio, ce lo devi. Perchè un cuore arido è un cuore che non vota, un cuore che ha smesso di scegliere. Per sempre.
5 marzo 2005Rosanna De Rosa, ore 18:44. Osservatorio(da:www.politicaonline.it)

1 commento:

Anonimo ha detto...

Cosa aggiungere a queste parole, così intense e dignitose, asciutte e ben scelte? Propongo di fare un esercizio di immaginazione: invece di aggiungere tante parole che non spiegherebbero più e meglio di quanto abbia fatto Rosanna, chiudiamoci per qualche minuto nel nostro silenzio e proviamo a immaginarci al posto suo; sostituiamo ai suoi cari sepolti dalla colata di fango i nostri padri, le nostre madri e le nostre sorelle, e proviamo a sentire il dolore, la paura e l'angoscia che ci attanaglia subito. Fin quando alla sicurezza che vantiamo per la nostra vita non sostituiremo il senso di precarietà per l'incertezza dei diritti e della dignità altrui, non riusciremo ad essere veramente parti attive di questa società. Se vogliamo cambiarla, i problemi altrui non possono non essere i nostri.